Rigenerazione urbana ed ecoquartieri. Il percorso ha inizio

Un patto per la rigenerazione urbana in risposta alle domande sociali, economiche e culturali di sostenibilità, che trovi la propria opportunità nel concetto di «eco quartiere».

Come anticipato nei giorni scorsi, Legambiente, GBC Italia e Audis hanno presentato ieri presso la sede milanese di Assimpredil ANCE il loro piano programmatico – anticipato dal documento di confronto già diffuso in rete – attirando più di 120 partecipanti e raccogliendo numerosi interventi a commento dei propositi che, come sottolineato a più riprese dai promotori, cercano una declinazione concreta nel breve volgere (le linee-guida sono attese per l’autunno prossimo) a partire dal coinvolgimento nel Patto di istituzioni, associazioni e operatori economici. Attori, questi, a cui hanno dato voce numerosi rappresentanti chiamati a intervenire nel dibattito, dimostrando un diffuso accoglimento dei principî da cui è mossa l’iniziativa. La loro portata innovativa, ora, dovrà trovare gli interpreti, le risorse e la concertazione necessari a innalzare il patto a livello esecutivo, come rimarcato da Andrea Poggio, vicedirettore di Legambiente, che ha più volte richiamato l’attenzione dei presenti sul valore delle esperienze già concretizzate, che possono “argomentare” con la forza dell’esempio: «L’obiettivo di ricostruire “eco quartieri” è internazionale e pone l’Italia in prima linea con la Germania e la Francia in Europa, gli Usa e la Cina nel mondo». Gli ha fatto seguito Mario Zoccatelli, presidente di GBC Italia, ricordando che «la competitività e lo sviluppo partono proprio dalla sostenibilità nel settore edilizio. Oggi, infatti, non è più possibile parlare di competitività senza parlare di sostenibilità». E Maria Berrini, presidente di Ambiente Italia, ha rimarcato la necessità di dare seguito pratico al successo riscosso dal documento di confronto, per cui «prima di tutto serve uno scatto di volontà e culturale che consenta di ridare slancio alle risorse presenti nelle nostre città».

Per ciò che ci riguarda, l’incontro ha confermato la corrispondenza del Patto al nostro percorso e alla prospettiva con cui guardiamo all’evoluzione di un settore che, per guarire dalla sua evidente sclerosi, deve (ri)scoprire sia le imprescindibili mozioni culturali e sociali con cui ha talvolta dimostrato di non riuscire a comunicare, sia le loro naturali conseguenze sul ruolo del costruttore e sul mercato di riferimento.

Le difficoltà, ovviamente, ci sono. Innanzitutto, potrebbero essere ricondotte al problema del “frazionamento”, che interessa più di un aspetto del piano di rigenerazione.
Frazionamento delle proprietà su cui intervenire e che compongono le cellule urbane degli ecoquartieri; frazionamento delle competenze territoriali; frazionamento di un settore, quello dell’edilizia, che conta molte imprese, studi, appaltatori di dimensioni medio-piccole; frazionamento dei modelli su cui istituire la lezione per lo sviluppo e la certificazione degli interventi. E, non ultimo, il frazionamento disciplinare fra tutti i numerosi i interlocutori che devono concorrere con la loro competenza alla definizione e messa in campo del progetto.
Da qui, crediamo, deriva la priorità più volte emersa nel corso del convegno, che riguarda l’adesione al patto di istituzioni e associazioni, primi interlocutori per poter dare una “testa”, una regia e una garanzia di coordinamento a tutti i partecipanti.

È necessario, insomma, abbracciare il principio di condivisione degli obiettivi «a somma positiva»: ossia un rapporto virtuoso in cui, individuati il traguardo e le esigenze, si riesca individuare nell’iniziativa (e, dunque, in una nuova edilizia) il centro propulsore di un beneficio che raggiunga tutti, dal cittadino all’imprenditore, passando per associazioni e istituzioni.

In questo senso, raccogliendo l’invito di Andrea Poggio a parlare con gli esempi, possiamo citare proprio la nostra collaborazione in corso con Legambiente nello sviluppo del progetto di co-housing energetico del piccolo ecoquartiere Borgo Antico. Un intervento limitato, se messo a confronto con ciò che si potrebbe realizzare su altra scala e con più ampia partecipazione. E che tuttavia, nel dialogo tra ambientalismo ed edilizia – improbabile se pensato con il filtro dei luoghi comuni – testimonia come a partire da un’idea condivisa sia possibile provare a mettere in pratica e toccare con mano l’innovazione.

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